C’è qualcosa
che non va …
Immagini fotografiche della ex Miani di Treviso
una falegnameria abbandonata abitata tra il 1999 e il 2001 da un gruppo di migranti
stampe ai sali d’argento cm 20 x 30
© Fabrizio Uliana, 2001
© Circolo Fotografico “La Gondola”, 2010
archivio Circolo Fotografico “La Gondola”
vai all’elenco delle esposizioni effettuate con questo reportage
L’ex-Miani fino al 2001 era una ex-falegnameria abbandonata situata in pieno centro di Treviso, a due passi dalla stazione dei treni: erano alcuni edifici diroccati; sgomberati e murati più volte per impedire l’accesso alle persone prima del definitivo abbattimento. L’edificio più grande aveva un’unica “entrata”: un buco nel muro, da cui si accedeva poi agli altri stanzoni, bui anche di giorno, illuminati solamente dalle feritoie del soffitto sconnesso da cui entrava anche la pioggia. Tale edificio, in assenza di interventi da parte delle autorità, funzionava di fatto come “centro di accoglienza” ed ha ospitato al suo interno tra il 1999 e il 2001 un numero di persone variabile tra le 20 e le 80. Non c’era luce, ne acqua ne riscaldamento: d’inverno si moriva di freddo; d’estate pullulavano zanzare e pantegane. Per il Sindaco di Treviso, non esistevano: però erano tutti immigrati in regola col permesso di soggiorno, per cui non li poteva nemmeno espellere, visto che tutte le mattine si alzavano e andavano a lavorare….
Il primo di luglio del 2000, una cinquantina di cittadini stranieri che risiedevano all’ex-Miani, hanno occupato, assieme al Comitato “M21” di Treviso una Palazzina all’interno dell’ex-Ospedale Psichiatrico di Sant’Artemio a Treviso. La palazzina occupata, di proprietà dell’ULSS di Treviso, era abbandonata da parecchio tempo e si prestava perfettamente ad accogliere in stanze da tre letti al massimo i lavoratori stranieri senza casa. La vita del Padiglione occupato era regolata in forma democratica ed autogestita: esistevano turni per le pulire e autotassazioni per le spese collettive; tutte le decisioni venivano prese durante le assemblee degli abitanti che si erano dotati di due portavoce. Gli occupanti di Sant’Artemio, provenienti in prevalenza dal Marocco, Senegal, Ghana e Camerun, in quei mesi hanno intessuto molte relazioni positive con la città, dal Comitato di Quartiere di Santa Maria del Rovere, alle insegnanti del Centro di “Formazione Permanente, dagli operatori dell’Ospedale Psichiatrico alle altre associazioni di stranieri del Nordest… Caratteristica fondante di Sant’Artemio è stata quella di evitare assolutamente di diventare un altro “ghetto” per immigrati: per questo il numero di ospiti è rimasto pressoché stabile per evitare grandi concentrazioni di persone in un unico luogo e gli occupanti sono diventati a loro volta promotori attivi della lotta per la casa di tutti gli altri senza tetto trevigiani…